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Categoria: Approfondimenti sui Funghi

DSC 4135RFoto 1 - Falesia e Torre di Macari

RITROVAMENTO DEL RARO Colus hirundinosus Cavalier & Séchier

Agro Ericino, comune di San Vito Lo Capo, Fraz. Macari, in provincia di Trapani

Due parole sul sito di reperimento

Febbraio 2017, da un po’ di tempo, l’amico Ninni Gerbino (ormai mio compagno fisso nella ricerca di funghi da fotografare), aveva pianificato la ricognizione, all’interno di una non molto estesa pineta, in loc. Isulidda, nel territorio della Fraz. Macari di San Vito Lo Capo (TP). Personalmente ne ignoravo la presenza, anche perché dalla strada che porta dalla stessa Macari a San Vito, siffatto piccolo distretto riforestato, rimane nascosto alla vista. Le forti piogge che si erano succedute nelle settimane precedenti, erano incoraggianti. Ninni mi telefona e decidiamo di fare un’iniziale test di verifica, per saggiare, quanto meno approssimativamente, le potenzialità micologiche della zona. Così, il pomeriggio del secondo sabato del mese, ci avviamo alla volta di questo giovane boschetto, di cui, come ho detto, non sospettavo minimamente l’esistenza. Arrivati, noto fin da subito, che la posizione ove è ubicato il comparto boscato, è veramente spettacolare: infatti è piazzato immediatamente a ridosso di una straordinaria falesia che domina la costa, in direzione di San Vito. Parcheggiata la macchina, si sente una miriade di voci concitate. Ninni me ne illustra il perché: infatti le pareti rocciose, sono “aggredite” quotidianamente da numerosi free climbers, provenienti da ogni angolo del globo. I quali pressoché in ogni periodo dell’anno, vengono da queste parti per arrampicarsi sui suggestivi bastioni rocciosi. Davanti al contesto alberato anzidetto, si estende invece uno straordinario paesaggio: lo stupendo Golfo di Cofano, il cui omonimo e maestoso promontorio, si erge verso sinistra, dall’alto dei suoi 652 metri. Alle nostre spalle giganteggiano i Monti del macarese e quelli che coronano la stessa San Vito. Si tratta davvero di un luogo magico, mozzafiato, al cospetto di una costa e un mare senza dubbio incantevoli, certamente fra i più belli che si possano ammirare in provincia di Trapani.

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Foto 2: Tramonto sul Monte Cofano e l'Isola di Levanzo sullo sfondo

Il boschetto nostra meta, è costituito da una riconiferamento artificiale, basato sulla piantumazione di Pinus halepensis (pino d’Aleppo). Il radissimo sottobosco è costituito da Thapsia garganica (fillazzeddu in dialetto) e Asparagus sp. Intorno al sito, domina la gariga, nella quale signoreggia la palma nana (Chamaerops humilis, giummarra in dialetto) consorziata a Pistacia lentiscus (lentisco), Olea europaea (ogliastro o olivo selvatico, agghiastru in dialetto) ed a Euphorbia dendroides  (euforbia arborea, camarruni in dialetto), a cui si aggiungono dense colonie di essenze erbacee.  Il suolo dell’intorno, è costituito principalmente dalle tipiche terre rosse, regolarmente osservabili lungo le coste e nell’immediato entroterra, in buona parte della circoscrizione geologica costiera mediterranea.

Iniziamo immediatamente l’ispezione preliminare. Il terreno, malgrado le precedenti e copiose piogge, è pressoché asciutto, anzi perfino arido, data la facilità di drenaggio delle stesse terre rosse. Rintracciamo qualche Suillus collinitus, Lepiota sp., diverse Clitocybe rivulosa. Proprio nel mezzo di una sorta di prato, costituito interamente da un formazione erbacea, pressoché monospecifica, costituita da Arisarum vulgare (arisaro comune, in dialetto aricchi ri cani), Ninni nota degli ovoletti. Ero vicinissimo e ci chiniamo a vedere di cosa si trattasse.  Ad un primo esame scarto subito l’idea che potesse trattarsi di Clathrus ruber, troppo piccoli, inoltre la conformazione superficiale del peridio esterno (che, nel Clathrus medesimo, rammenta quella di un pallone da football) non collimava con quello osservato. Dopo aver proceduto a farne la sezione, mi accorgo al contrario, che sotto gli occhi avevo invece il raro Colus hirundinosus.

Ve ne erano ovunque, nessuno dei quali però ancora sviluppato. Disgraziatamente non potemmo fare alcuna foto. Ci riuscimmo in seguito, dopo altri due sopralluoghi, l’ultimo dei quali una settimana dopo. Proprio allora trovammo qualche esemplare ormai maturo tale da poter essere immortalato.

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 Foto 3: Carpofori di Colus hirundinosus in stadi di diversa maturazione

Colus hirundinosus Cavalier & Séchier

Descrizione

Bellissima Phallaceae, rinvenuta nell’Agro Ericino (TP) e precisamente nel Sanvitese sotto copertura arborea costituita da Pinus halepensis, in mezzo ad una densa colonia di Arisarum vulgare, in prossimità del mare. Unità saprotrofa, differenzia corpi fruttiferi dalle dimensioni medio-piccole. Il primordio è costituito da un ovolo, subgloboso o largamente ellittico, dalle dimensioni variabili dai 2 ai 3/3.5 cm per un’altezza di circa 1/2 cm (ma anche oltre), di consistenza più o meno molle, dall’esoperidio sottilissimo, di colore biancastro, con evidente e robusta rizomorfa alla base. In aderenza all’endoperidio, trovasi uno spesso strato glutinoso dai riflessi rosati. Contenuto nella suddetta matrice gelatinosa è immerso l’embrione del ricettacolo, che racchiude una sorta di struttura dalla sagoma a gabbia sub sferica. Avvenuta la deiscenza del peridio, con l’involucro peridiale che permarrà alla base della struttura, come una volva, il sostegno riproduttivo vero e proprio, inizierà ad accrescersi, evidenziando una sorta di cilindro spongioso, dal quale si estrofletteranno delle appendici tentacoliformi, dalla faccia interna minutamente corrugata, collegate in alto da una struttura a guisa di rete dalle maglie irregolari e strette, dapprima grosso modo emisferica,  infine, durante il processo di maturazione, gradualmente spianata. La base della struttura, sarà di colore rosa pallido, via via più saturo man mano che ci si approssimerà alla zona apicale, quest’ultima assumerà definitivamente tonalità rosse o rosso-arancio. Le facce interne delle maglie della rete distale, sono impregnate di una sostanza vischiosa di colore nero verdognolo, dal forte odore fecale. Questa sorta di secrezione gelificata, maleodorante, contiene ivi immersa, la massa sporale prodotta dal basidioma. La sgradevole esalazione olfattiva effusa dal ricettacolo, cagiona l’attrazione degli insetti vettori, nel caso specifico le mosche. Esse, richiamate dalla greve emanazione odorosa, si andranno a posare su tale mucosità, impregnandosi dell’anzidetta sostanza e quindi delle spore in essa contenute. Così, successivamente, volando e appoggiandosi poi altrove, depositeranno le spore stesse, le quali chiuderanno così la sequenza riproduttiva della specie (dispersione entomofila).

Si omette la Bibliografia consultata perché ritenuta, nel caso distinto, superflua.

Nino Mannina                                                                          

VALDERICE, 7 MARZO 2017